Piacere e morte nella sigla di Popsophia

È l’immagine di Salvador Dalì il topos scelto per visualizzare i “Paradisi artificiali” del festival.

Corpi sinuosi, morbidi, che invitano al peccato e alla lussuria. La vita che esplode nella sua femminilità si trasforma in un teschio mortifero, macabro. Vita e morte, desiderio e vacuità, peccato e Vanitas.

È la Voluptas mors di Salvador Dalì l’immagine scelta per la sigla di Popsophia al festival di Pesaro.

I “Paradisi artificiali” che il festival vuole esplorare sono i luoghi della spiritualità e del misticismo, ma anche quelli inarrivabili dove gli opposti sono compresenti, stessa faccia di una medaglia che odora di santità e di peccato al tempo stesso. Nella sigla elaborata dall’artista Massimo Macellari tutto parla ai sensi: La Voluptas mors, scatto fotografico del pittore surrealista realizzato assieme a Philippe Halsman viene disassemblato.

 

I sette corpi di queste giovani donne che come tessere di puzzle rappresentano il teschio, emblema figurativo della morte, sono scomposti per parti. Seni, natiche e volti goduriosi sono accentuati dalla musica, quel “gnamgnamgnam” del musicista Franco Godi che è già tormentone e che viene bruscamente interrotto dallo stridore dell’elettronica nel remix di Riccardo Minnucci e Tommaso Lambertucci. Compare l’altra faccia, quella oscura. Il fumo è quello prodotto dalla combustione di sostanze illecite, di droghe e sostanze, a ricordare che il Paradiso, se esiste, è artificiale, che sulla Terra vero e falso coesistono e che è dalle crepe che spesso entra la luce.

 

Benvenuti in Paradiso, artificiale!

 

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