Come è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire

“Voglio vederti ballare” cantava Franco Battiato. E a Popsophia il desiderio del cantautore siciliano si è esaudito ieri sera nella serata omaggio al suo genio e alla sua musica. In una piazza del popolo ipnotizzata e assorta il rito collettivo della danza ha chiuso il viaggio in note e filosofia guidato dal duo filosofico Maura Gancitano e Andrea Colamedici e l’ensemble Factory

La serata si è aperta, immancabilmente, con Invito al viaggio, poiché quello di ieri sera proprio questo è stato: un viaggio. Un viaggio scandito da un organico susseguirsi di voci, alternando le più celebri canzoni del Maestro a un’attenta riflessione sui testi portata avanti dai Tlon, filosofi e scrittori che hanno guidato il pubblico di Popsophia nella scoperta del pop eclettico del Maestro.

Di una cultura immensa e trasversale ma mai elitaria, Battiato è l’emblema della compenetrazione di cultura alta e bassa, principio di un’utopia musicale, un non-luogo fatto di suoni altri, lontani, talvolta addirittura alieni. I Tlon hanno approfondito cosa sia questo stato di spaesamento, un artificio con uno specifico scopo: spostare il punto d’unione dell’ascoltatore, creando una propensione innata, quasi irrazionale alla comprensione del testo. Lo spaesamento in Battiato è soprattutto dettato da richiami a mondi lontani, così lasciandosi trasportare dai paesaggi immobili di Prospettiva Nevski, il pubblico ha superato un’altra tappa obbligata nella decodificazione del teorema Battiato: l’altrove.

Anche in questo sono venuti in nostro soccorso i Tlon, che per orientarsi consigliano l’uso di una mappa assai singolare, Mappiato, dove sono riportati tutti i luoghi citati nelle canzoni del cantautore siciliano, dai deserti ai campi del Tennesee. Ma se tutto in Battiato è così fumoso, lontano e impalpabile, perché parlarne?

A questa domanda Andrea Colamedici ha risposto che l’essenza di Battiato è quella del pontefice, del costruttore di ponti, che crea connessioni. “Battiato è stato pontefice poiché è riuscito a far cantare le persone, accompagnandole nella conoscenza del divino che ci abita”. Battiato ha fatto sì che quei ponti si potessero abitare, realizzando quella saldatura tra una ricerca alta, altissima e la fallibilità umana, filtrata con l’occhio bonario di chi umano sa di esserlo. E se ancora ci fosse stato qualcuno a chiedersi perché la musica di Battiato faccia stare così bene, la risposta è presto arrivata quando la Factory è tornata sul palco con “voglio vederti danzare”, che ha dato occasione di affrontare uno dei nodi centrali della produzione di Battiato: la danza. Battiato danza spesso nei suoi video clip, e la sua è una danza metodica e liberatoria, e il rapporto felicissimo che ha Battiato con essa è spiegabile con la sua valenza sacrale, poiché “la danza”, ha spiegato Maura Gancitano, “ci porta a raggiungere stadi impensati di conoscenza di sé, in quanto ha un effetto sublimante sul nostro io, mettendoci al contempo in relazione col nostro corpo”. A questo proposito si è espresso anche Nietzsche, il quale invita non a caso a “non fidarsi dei pensieri che (…) non sono una festa anche per i muscoli.” Alla luce di ciò non poteva mancare Cucurucucu a chiusura dell’esplorazione del paradiso artificiale per eccellenza, quello della musica, emblema della vitalità e della vita stessa, che Battiato amava a tal punto -ci ha ricordato Lucrezia Ercoli- da esaltarla nella sua imperfezione disarmante”.


Camilla Forlani

franco battiato cover factory