Esiste un rock buono, un rock virtuoso? Sì, ma soprattutto esistono degli artisti capaci di grandi virtuosismi, su un palco e fuori da esso.
Quelli di cui Noemi Serracini per Popsophia ha raccontato la storia artistica, ma prima di tutto spirituale, sono i rappresentanti di un rock atipico, che nella sua intensità può persino arrecare disagio all’ascoltatore. Quello proposto da Serracini è stato un excursus mirabile nella spiritualità dei mostri sacri del rock, accomunati da una ricerca instancabile delle profondità dell’esperienza umana e oltre, a sondare il divino che è ognuno di noi.
“La capacità straordinaria di questi artisti”, ci ricorda Serracini, “è quella di sondare la propria profondità per poi risalirne e condividere il frutto della propria ricerca interiore”, sì, perché nonostante la pluralità di esperienze, che vanno dalla conversione all’Islam di Sinead O’Connor al riavvicinamento di Patti Smith alla figura di Gesù Cristo, ciò che effettivamente accomuna questi artisti è la capacità di far confluire l’esperienza spirituale, così intima e così universale, nella propria musica, poiché la musica non conosce religione, ma è certamente capace di trasmettere la fede. E se ci fosse ancora qualche scettico, il consiglio è quello di recuperare tracce straordinarie come Who by Fire, di Leonard Cohen, in cui trascendenza e sessualità, spiritualità e carnalità entrano in un binomio inscindibile che provoca nell’ascoltatore una vertigine di alterità da cui è difficile riprendersi.
E dal forse più banale binomio rock-sostanze stupefacenti, si è passati con Simone Regazzoni all’ebbrezza della filosofia, dove forse l’accostamento alle droghe pare meno scontato, ma nel corso della storia è stato altrettanto significativo. Un connubio, quello fra le droghe e la filosofia, che comincia a Creta nel 1400 a.C., con una criptica scritta in lineare B, e che si perde per secoli nei meandri del mito, per poi tornare in tutta la sua dirompente fecondità negli scritti di Nietzsche, che vede nell’uso di sostanze la possibilità di potenziare quell’essenza della filosofia che di per sé concede di “eccedere la forma e rompere gli schemi della finitezza e della nostra stessa identità”. L’invito di Simone Regazzoni nell’ultimo pomeriggio in compagnia di Popsophia è stato allora quello di continuare ad assumere la droga della pop filosofia, altamente psicotropa poiché in grado di potenziare il nostro pensiero e rendere più consapevoli le nostre scelte, a costruire un ponte lungo millenni tra un’Agorà ateniese brulicante di enigmatici farmaka socratici, e una Piazza del Popolo in cui è lo scambio di idee a rendere vitale il momento della rinascita.
Camilla Forlani