Un pugno nello stomaco che ha tenuto con gli occhi lucidi e col fiato sospeso il pubblico. Questo è stato il pomeriggio di Popsophia. La testimonianza, emotivamente fortissima di Fabio Cantelli, ex ospite di San Patrignano ed autore del libro da cui è stato tratto Sanpa.
Con autenticità e straziante semplicità Cantelli ha descritto il suo arrivo nella comunità di Muccioli: “un rapimento” a tutti gli effetti che però gli ha salvato la vita: “qualcosa in me è scattato quando ero in quello stanzino. Ho sentito una stranissima quiete nei miei abissi oscuri – ha raccontato Cantelli nel talk guidato dalla direttrice artistica Lucrezia Ercoli – Io so per certo che se non fossi stato lì recluso mi sarei ucciso. Mi sono visto da fuori, un essere gracili tutto ossa di 50 chili, e mi sono intenerito e mi sono preso cura di me”. Una testimonianza durissima che però è servita per fare da ponte all’altra sponda dei Paradisi artificiali, tema del festival, quello delle droghe e delle dipendenze, della morte e della finitudine.
Un ponte che ha condotto al secondo intervento del pomeriggio quello col tanatologo Davide Sisto che ha parlato del tabù dei tabù. La morte. E in particolare come viene immaginata, il paradiso artificiale di Upload, serie tv in cui si ipotozza che alla morte del corpo l’individuo possa decidere di fare un upload della propria memoria di vita vissuta ricreando un universo conosciuto ma artificialmente. O come nell’esperimento coreano dove una bambina morta a soli 7 anni viene ricreata “artificialmente” partendo da sue foto e video in vita e modellata sui movimenti di una coetanea reale. Attraverso un visore 3D la mamma può fare esperienza dell’ “incontro” impossibile. E mentre le mani cercano di stringere l’aria l’interrogativo pone la domanda su cosa sia reale e cosa artificiale.