Fai come faceva Baudelaire…

Che c’entra la canzone dei Baustelle? E South Park? E Dante che nel Paradiso ci mette una prostituta? Cronaca della prima serata del festival

“Baudelaire può dire ancora molto al lettore contemporaneo: può dirci che la noia non è noia, ma un grande motore energetico che la differenza è possibilità di conoscenza e che l’ignoto è la prima vera dimensione della scoperta e che solo nello stupore c’è la possibilità di un esistere oggi contemporaneo”. Con queste parole si è aperta l’edizione 2021 di Popsophia a Pesaro.

 

Sul palco di Piazza del Popolo il sociologo e studioso Alfonso Amendola è entrato subito in medias res partendo dall’autore de “I paradisi artificiali”, tema del festival di quest’anno. Dai Baustelle, ad Allan Poe, passando per Nietzsche, Sartre, Moravia senza soluzione di continuità, Charles Baudelaire è stato, nella lettura di Amendola, fondatore di tutto il pensiero critico che viene dopo che in un modo o nell’altro ha dovuto confrontarsi coi topoi introdotti dall’autore de I fiori del male: “è un continuo divagare e dialogare tra amore e condanna – dice Amendola –  cosa resta allora dell’ opera baudelairiana al lettore moderno? La dimensione potente infinita di bellezza mista a inquietudine e dissonanza, il massimo dell’ erotismo e della distanza”. In nuce c’è già tutto il festival che nella serata conclusiva con l’omaggio a Jim Morrison arriverà a toccare appunto dionisiaco e carnalità, ma anche tensione mistica e spiritualità, rapimento estatico.  L’intervento è stato introdotto dalla direttrice artistica Lucrezia Ercoli che ha sottolineato come su Pesaro il progetto culturale di Popsophia prende ogni anno maggiore forma e sostanza: “qui abbiamo potuto costruire un festival attorno ad un tema e non attorno ad ospiti ospiti generici. Dopo il Realismo visionario ci aspettano tre giornate attorno ad un tema perfetto per questo momento. Il Realismo visionario analizzava il mondo dopo la catastrofe del Covid. Quest’anno abbiamo sognato il Paradiso perduto, e ora che l’abbiamo ritrovato, sembra però un Paradiso artificiale.

 

Un assist perfetto al secondo relatore della serata, Filippo La Porta, fine intellettuale e scrittore che può accostare il Paradiso di Dante Alighieri e quello descritto nell’irriverente serie tv statunitense South Park: “Mettere insieme Dante e South Park può sembrare un azzardo – mette le mani avanti La Porta – ma se uno l’azzardo non lo fa a Popsophia non so dove può farlo. Diffidate dell’ immaginazione. La mia generazione diceva “L’immaginazione al potere”, io al potere ci manderei il riconoscimento delle cose come sono”. La Porta conduce la riflessione distinguendo “immaginazione” e “fantasia”: “L’immaginazione ci permette di vedere le cose come sono, mentre la fantasia sostituisce il mondo reale con le nostre proiezioni” . Da qui una lettura della Divina Commedia come “eccesso di immaginazione” e alla fine la conclusione di Dante e del bimbo di South Park è la medesima: “il Paradiso è quello che si vive sulla Terra, si raccoglie negli angoli della nostra vita terrena”.

 

Infine la lingua. E partiamo dalla fine, dalle ultime parole dell’ultima relatrice della serata, Vera Gheno, che risuonano come un inno e un appello: “noi siamo parole”. La sociolinguista e traduttrice parte dalla riflessione di Emile Cioran: “Non si abita un paese, si abita una lingua”. La lingua è dunque un fatto collettivo e individuale al tempo stesso, è ciò che identifica e assegna identità. Ma è anche ciò che discrimina, nella riflessione della Gheno dal momento che la differenza di lingua è un indicatore di alterità: passando attraverso le lingue inventate (quelle nate dalla fantasia di scrittori come  il dothraki del Trono di Spade o Klingon di Star Trek, fino al latino di Harry Potter come lingua della magia) la Gheno afferma: “questi sono paradisi linguistici e in un certo senso anche artificiali.

Ma se è vero che si abita una lingua come si abita un Paese, molti in questo linguaggio stanno scomodi. Io vorrei una lingua che fosse un paradiso per tutti, tutte e tutt*, non solo per chi è conforme a un’aspettativa sociale che non condivido. E in questo, se mi permettete, non c’è nulla di artificiale”.