Regazzoni: “I Beatles ci riportano al futuro”

C’è stata subito sintonia tra Piazza del Popolo e il festival del contemporaneo. La prima volta di Popsophia sul palco più centrale di Pesaro si è conclusa positivamente, con il pubblico che ieri (venerdì 5 luglio) ha affollato la platea, regalando immediatamente il sold out. In apertura di Philoshow, spettacolo interamente realizzato e prodotto all’interno della manifestazione, c’è stato spazio per i saluti inaugurali.

A fare gli onori di casa, il sindaco di Pesaro Matteo Ricci. “Un pubblico così numeroso è la dimostrazione che la città risponde agli investimenti culturali – le sue parole – e che Popsophia è entrata nel cuore di tanti turisti e pesaresi. Che ascoltano quest’anno riflessioni su un tema, “E’ già ieri”, che ci fa riflettere su un eterno ritorno. Un accento sull’importanza della memoria in relazione al futuro”.

Il presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli ha ricordato come Popsophia “sembrava una scommessa, ma fin dalla sua prima edizione è stata subito un successo grazie ad una proposta di qualità”. Con loro, l’assessore comunale alla Crescita Giuliana Ceccarelli e il consigliere regionale Andrea Biancani.

Così la piazza ha ospitato la sera il Philoshow “Yesterday – Ieri è arrivato improvvisamente. L’eterno ritorno dei Beatles”, spettacolo ideato e diretto dalla direttrice artistica Lucrezia Ercoli, con l’intervento di Massimo Donà e l’ensemble musicale Factory. Appuntamento introdotto da Simone Regazzoni.

Il filosofo ha parlato proprio del brano dei Fab For e di questa malinconia accomunata allo ieri. Associandola all’irreversibile nostalgia di Vladimir Jankélévitch. Un tempo, ha commentato Regazzoni, che è “un qualcosa che non può essere arrestato o mandato indietro, un elemento tragico e dolce dove non abbiamo alcuna potenza”. E’ con la musica che tendiamo a rendere reversibile il tempo. “Una canzone si ascolta e si riascolta – ha ricordato Regazzoni -. Ma di Yesterday esistono più di 3mila cover. Un brano quindi rimesso in scena e che proietta al futuro. C’è quindi una possibilità di riprendere e cominciare in altro modo. Afferrare qualcosa e farlo passare oltre, rileggendolo e facendolo avvenire in una differente maniera”.

Donà ha poi parafrasato Giacomo Leopardi, che “ci mostrava come le cose rimembrate diventino sublimi perché riviste con la memoria. Anche gli avvenimenti brutti sono così incantevoli, perdendo la pesantezza del presente”. I Beatles, infatti, “prendono da tutto quello che c’era. Non vogliono usare uno stilema, ma lo reinventano per il semplice fatto di mostrarci che quel brano rock non è rock, quel blues non è blues. Come Magritte che scrive “Questa non è una pipa” su una pipa”.

Prima, nel pomeriggio, Fabio Camilletti ci ha raccontato di fantasmi “che sono ripetitivi e meccanici, con loop eterni nei gesti. Pensiamo alla loro morte cruenta. Sono cioè morti che non si rassegnano a quella fine, e continuano a farsi riassorbire nel continuum del tempo”. Ma tale giostra ricorda altri fenomeni di massa del quotidiano, “come le serate revival o i Remasters di alcuni album musicali”. Insomma, pure questi fatti rappresentano dei rimossi che non sono stati ancora elaborati dalla società.

Ilaria Gaspari ci ha invece fatto scoprire come apprendere dalle scuole filosofiche antiche, “facendo nostri quei maestri del passato”. Capaci di farci scoprire che “i fallimenti non sono senso di sconfitta”, o aiutandoci “a vedere le cose più sfocate, seguendo i dettami degli scettici”. La Gaspari ha osservato infatti che “per gli antichi greci la felicità non aveva nulla a che vedere con un’idea momentanea ed euforica. Ma era uno stato dell’anima e una forma di fedeltà alla propria vocazione”.

Bellissimo poi il viaggio di Riccardo dal Ferro che ci ha “ricordato” schegge degli anni Novanta. Ci ha infatti riportato in un percorso a tappe tra Terminator, Jurassic Park e Matrix. Descrivendoci un decennio in cui il paradigma per guardare il mondo è cambiato, grazie a soprattutto alla tecnologia, al virtuale e al simulacro della macchina.