Un sabato Felliniano. Il resoconto del 4 luglio

C’è una parola/chiave, che anagrammata dà il senso di Fellini: onirico/ironico. Un sogno stemperato con leggerezza, che è anche beffardo”. Marcello Veneziani è salito ieri, sabato 4 luglio, sul palco pesarese di Popsophia, dando il suo prezioso contributo alla giornata interamente pensata sul regista.

In Piazza del Popolo il pubblico è stato numerosissimo già dal pomeriggio, attento ed entusiasta per i temi trattati. La platea è andata quindi sold out

Prima di Veneziani, è emerso il modo unico e straordinario di Fellini di utilizzare i sogni. Una metodologia che, ha ammesso Umberto Curi nella lectio pop serale, lo distanzia da Freud e lo avvicina allo psicoanalista Carl Gustav Jung: “Per Fellini, Freud ci obbliga a pensare con le sue teorie. Jung ci permette invece di immaginare”, ha detto Curi. Accostando il regista ad Adorno nel suo modus di riportare i sogni in un diario. “Secondo Adorno, i sogni vanno trascritti per essere presentati per quel che sono. Senza sovraimprimerci un lavoro di interpretazioni, andiamo alla loro origine. Il monito di Adoro e Fellini è questo: sostare sulla porta, senza la pretesa di spalancarla”.

Nel pomeriggio, Massimo Arcangeli ha sottolineato come Fellini abbia modificato il linguaggio degli italiani e non solo. Arcangeli ha costruito un mini-vocabolario felliniano, “partendo da alcuni stereotipi che Fellini ha fatto suoi, all’insegna del suo rendere quintessenziale ogni cosa che toccasse”. Arcangeli ha terminato il suo intervento proprio con l’aggettivo “felliniano”, termine coniato per descrivere le visioni oniriche del regista. Aggettivo molto amato dal genio riminese.

Di realismo magico si è parlato con Fabio Camilletti. Perché “Fellini è sempre stato interessato al mondo dell’occulto, che utilizzava per esplorare i limiti della realtà”. Tanto da iniziare un viaggio per la Penisola alla scoperta di maghi, guaritori e veggent, che lo ha condotto pure nelle Marche per incontrare la civitanovese Pasqualina Pezzola.

Altro incontro felliniano è quello del regista con Meri Lao. Artista poliedrica, Meri Lao ha scritto per Fellini “Una donna senza uomo”, ironico inno di “La città delle donne”. Tra i due “c’è una fascinazione reciproca – il punto di Patrizia Giancotti -. Meri Lao è la più grande ricercatrice sulle sirene, argomento che colpiva molto Fellini: per lui la sirena era un ibrido sensuale, ma al tempo stesso misterioso”. Meri Lao arrivò ad omaggiare il regista in un suo libro: “A Federico Fellini – recita la dedica – mostro che mostra e mostrifica, Sirena egli stesso”.

Realismo Visionario è interamente ispirato alla poetica di questo mago demiurgo – il sunto di Lucrezia Ercoli -. Le sue visioni ci stanno aiutando ad allontanarci dal peso di questo Annus horribilis, e ci accompagnano in un viaggio oltre il presente. Oltre la realtà”.