Se la tentazione ad uno sguardo superficiale e distratto è di dire: “ecco l’ennesimo libro su Dante nell’anno delle celebrazioni”, l’errore sarebbe dietro l’angolo. Lucrezia Ercoli, direttrice artistica del festival Popsophia, docente dell’Accademia di Belle Arti rilegge l’Inferno dantesco sulla base delle categorie della pop filosofia e della contemporaneità.
L’autrice cerca il punto di equilibrio fra due tendenze opposte che contaminano il dibattito su Dante. Da un lato la filologia accademica, dall’altro la banalizzazione della divulgazione urbi et orbi. Con uno stile acuminato e sferzante, laico e disincantato rispetto al monumento Dante la Ercoli tenta una narrazione diversa da chi “commenta con nuove ricerche i commenti di vecchie ricerche” e da chi, sull’onda delle celebrazioni dantesche apporta al dibattito solo divulgazioni popolari che sfiorano il banale provincialismo. Nel testo l’autrice si impone di trovare una terza via, che non può essere “diritta” come la vorrebbe Dante e prova a leggere la Commedia con lo sguardo del mondo contemporaneo, dove c’è spazio anche per la critica nei confronti del “Sommo Poeta”.
Un’operazione coraggiosa nata dalle pagine de Il Riformista che ha ospitato in 10 puntate nella rubrica “La diritta via” le varie sezioni di cui si compone il saggio. E molto del “garantismo” tipico della testata si ritrova anche nell’approccio con cui la Ercoli rilegge il sistema di colpa/pena dell’Inferno. I dannati spesso non sono colpevoli di reati, quanto piuttosto di colpe morali. E così i peccati vengono analizzati sotto il riflettore della contemporaneità: chi sono ad esempio gli ignavi in un mondo polarizzato fra haters e followers, “i partigiani da divano” li chiama la Ercoli, capaci di schierarsi senza farlo davvero.
“La mia idea è stata quella di ribaltare l’idea celebrativa spesso acritica su Dante – afferma Lucrezia Ercoli – di coloro per cui è un monumento nazionale intoccabile, per trasformarlo invece in uno strumento critico con cui leggere la contemporaneità, mettendo anche in discussione alcune sue posizioni moraliste e giustizialiste che hanno attecchito nella società e nella dimensione mediatica. I temi del garantismo hanno pochissimo spazio, subito si corre verso il giudizio facile, verso la gogna pubblica. L’idea di seguire una linea alternativa “al fine pena mai” che risalta anche in tanta cronaca di oggi e che permea anche la Commedia, in cui non c’è distanza fra reato e peccato, è stata la spinta alla scrittura di questo saggio che è un pamphlet contro lo spirito moralista e ipocrita che permea il nostro senso comune”.
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